Retromanie e stravaganze

Non ho ancora messo le mani sulla versione italiana del nuovo libro di Simon Reynolds, Retromania, per cui la mia conoscenza in merito è mediata dai contributi del Signor Hulot a cui devo senz'altro far incontrare l'Alunno Proserpio, altro grande conoscitore dell'opera reynoldsiana. Faccio questa doverosa premessa perchè volevo scrivere un paio di post con alcune considerazioni marginali che magari sono già state trattate da Reynolds nel libro ma non ho avuto ancora la possibilità di controllare o che forse con il libro non hanno proprio nulla a che fare.

Qualche giorno fa mentre guidavo mi è capitato di incrociare un signore, avrà avuto sessant'anni o qualcuno in più, che guidava una moto d'epoca. Forse una Guzzi. La moto era tenuta benissimo anche se l'applicazione di un paio di bandierine al sedile del passeggero ne minavano l'accuratezza. Il centauro retromaniaco costituiva chiaramente una figura stravagante rispetto alla normalità dei motociclisti che vedo in giro. L'etimologia del termine stravaganza, l'atteggiamento di chi viaggia (conduce una vita) al di fuori (della normalità), calzava a pennello con l'impressione che ho avuto. La domanda, come sosteneva Antonio Lubrano, sorge spontanea: da quando e perchè la retromania dovrebbe essere stravagante? Io ho sempre dato per scontato che per spiccare dalla massa fosse necessario un elemento di novità, un'idea mai venuta in mente a qualcun'altro, in parole povere originalità.

La minigonna di Mary Quant non è di per sè un'invenzione di sartoria rivoluzionaria, a scoprire le gambe delle ragazze ci avevano già pensato in tanti, basti pensare ai vestiti delle ballerine di charleston degli anni '20 o al babydoll che è degli anni '50 mentre Twiggy indossa la mini della Quant solo nel 1963. Quello che è nuovo e rivoluzionario nella minigonna, è il fatto di indossare quel vestito in pubblico, di essere l'unica a mostrare le gambe in mezzo a tutte le altre donne che portano gonne lunghe o tailleur. Portare la minigonna dava un duplice segnale: agli uomini sussurrava "ehi, guarda che belle gambe che ho, ti piacerebbe venire a ballare i Beatles con me?", alle donne urlava "ehi, io sono giovane, sono fiera del mio corpo e indosso vestiti all'ultima moda. Voi appartenete ad un mondo vecchio che non è più il mio". La minigonna è stravagante ma non è retromania, è rivoluzione. Proprio come la minigonna, le avanguardie artistiche nascono da movimenti consolidati e se ne distaccano consapevolmente. E' proprio questa intenzionalità che ne determina l'importanza. Gli artisti d'avanguardia forse non avranno le idee molto chiare su dove andare a parare e quali mezzi utilizzare, ma sanno benissimo da cosa si distaccano e il prezzo da pagare per poterlo fare è essere considerati stravaganti.

Diverso è il discorso per quei movimenti che non vogliono staccarsi dal passato, anzi lo cercano e lo usano a proprio vantaggio. Traggo un esempio dal post che il Signor Hulot dedica al Nothern Soul, movimento musicale retromaniaco nato in Inghilterra negli anni '70: "Gli amanti del northern soul, con eleganza neo-mod, usavano abiti a tre bottoni e camicie Ben Sherman, giravano in scooter e inghiottivano tonnellate di pillole, oltre a celebrare un culto della blackness che, paradossalmente, era molto distante dalla cultura nera che nel periodo era prevalente in America nei primi anni settanta, piena di pantaloni a zampa, capigliature afro e coloratissimo soul psichedelico. Ecco qui uno degli aspetti della retromania: fare di qualcosa che è già fuori moda la cosa più cool del momento". Qui siamo chiaramente in presenza di retromania e l'elemento di novità è sfruttare un passato distante da quello dei giovani inglesi per essere i più strani e fighi della festa, per essere stravaganti appunto. Non c'è niente di rivoluzionario. Si è stravaganti per essere cool, si è fuori moda per essere sulla cresta dell'onda. Ma come le onde, si sa, sono destinate a infrangersi sulla riva, così questi movimenti retromaniaci sono destinati spesso ad esaurirsi dopo breve tempo. Nel decennio che ha visto nascere il fenomeno britpop si è brevemente riaffacciata l'estetica mod. I ragazzi che tra il finire degli anni '80 e i primi '90 scimmiottano nello stile i mod degli anni '60 non hanno in realtà alcun tratto in comune con loro. Provengono da due società profondamente diverse, appartengono a due culture probabilmente incompatibili. L'unico punto che li accomuna è quello di girare in vespa indossando il parka. Ma mentre i mod originali sono l'avanguardia rivoluzionaria (assieme ai rockers) della gioventù inglese che si oppone alla conservatrice società britannica, i nipotini esauriscono in breve tempo la loro retromania ascoltando i fratelli Gallagher e ricercando esasperatamente un look canonizzato ormai da decenni di agiografia patinata sulle riviste di musica. Certo rispetto ai dark, agli ultimi punk e agli altri gruppi e movimenti di quegli anni quei primi pseudo mod devono aver spiccato per la loro diversità. Ma tutto si è esaurito lì, in breve tempo. Per alcuni versi è lo stesso atteggiamento dei musicisti indie barbuti, individuati dall'Alunno Proserpio, o del cappello a tuba di Slash. Aiutano ad identificare l'appartenenza ad un gruppo alternativo alla maggioranza. Portati all'estremo arrivano anche a distinguere il singolo all'interno del gruppo stesso. Esiste lo stravagante più stravagante degli altri, alla fine però anche per lui non c'è molta strada da fare. Paradossalmente, se si persevera nella stravaganza, passata la moda, rimane il segno distintivo: il marchio di fabbrica.

Ormai chi si immagina più Mark Everett senza barba o Slash senza cappello? Farebbe strano vederli così.

Dove sta l'elemento di novità nel vecchio motociclista? Non penso che sia possibile trovarlo. La sua retromania, se vogliamo chiamarla così, è devozione per il passato ma non in funzione del presente. Non cerca di essere rivoluzionario rispetto agli altri motociclisti, ormai il tempo delle Guzzi è passato da un pezzo e guidarne una non dimostra niente. Non vuole nemmeno essere alla moda perchè questa muta a velocità incredibile mentre ai motoraduni si vedono sempre le stesse moto d'epoca possedute sempre dagli stessi appassionati (che, a differenza delle moto, risentono del passare degli anni). Quello che queste persone si limitano a fare è possedere un frammento del passato e dedicarsi costantemente alla sua conservazione. Forse sono dei nostalgici, questo non posso saperlo. Sicuramente sono dei preservatori e in un mondo in cui consumare (in tutti i sensi) sembra l'unica ragione d'essere, preservare per forza di cose è sinonimo di stravaganza.

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