La östalgie l'è una bruta bestia: una talpa.

Su Repubblica.it Flaminia Festuccia scopre l’esistenza di una Germania östalgica che organizza tour alla scoperta della DDR; a bordo di una Trabant si vanno a visitare i simboli della divisione e del regime comunista tedesco: lungo il muro, nella zona del Checkpoint Charlie, o alla scoperta di Berlino Est. Per quel poco che ho letto e visto in tv e al cinema, mi sono fatto un’idea un po’ diversa su questo fenomeno. Penso che l’östalgie vada oltre al ricordo dei luoghi, della marca di un auto o, come si vede su Good bye, Lenin!, del vasetto di cetriolini di Stato. Nessuno poi, a meno di non essere un masochista politico o il nipote di Honecker, può avere nostalgia per il regime politico della DDR e per la Stasi. L’östalgie per coloro che la provano è da intendersi più come una sensazione perenne di mancanza. Diversamente da quanto si pensi i tedeschi orientali vivevano un luogo e un tempo costantemente permeato dai costumi e dai prodotti occidentali. Un bell'esempio in questo senso è dato dal documentario Here We Come sul movimento break dance in DDR (visto a Trieste durante la rassegna Walls of Sound del Trieste Film Festival 2009) .
I pochi oggetti della loro vita quotidiana, che altro non erano se non succedanei di quelli desiderati, nella nostra società paradossalmente sono diventati l’oggetto stesso del desiderio degli östalgici in quanto racchiudono il ricordo dell’antica voglia di libertà. E' la nostalgia per quello che non avevano, il ricordo del desiderio di qualcosa che non potevano avere. Questa idea mi spinge a fare un paragone azzardato. L’östalgie è sostanzialmente molto simile alla nostalgia che avvertono i trentenni nei confronti dei cartoni e dei telefilm degli anni ‘80. Anche in questo caso il vero oggetto della saudade generazionale non sono le trasmissioni stesse che, tranne qualche raro esempio, riviste oggi sono effettivamente carenti sia da un punto di vista tecnico che di sceneggiatura. Quello che provoca nostalgia è il ricordo di un desiderio inconscio, della voglia che il mondo di tutti i giorni diventasse come quello raccontato da quei cartoni, un mondo dove i cattivi hanno quello che meritano, dove il ripetersi delle giornate passate a studiare e lavorare lascia spazio alla magia e alla scienza impossibile e dove a tutti è concessa la possibilità di cambiare totalmente la propria vita solamente indossando una maschera colorata.
E’ a questa categoria di nostalgici che sento di appartenere, come del resto l’alunno Proserpio di cui non posso che citare il leggendario post sui legami tra i Barbapapà e la R.A.F.. Nel mio immaginario di bambino si riconoscono degli intrusi provenienti dall'est comunista, fuggiti tanto tempo fa da oltre cortina e arrivati nel mio televisore quasi sempre via Capodistria. Ne cito alcuni tanto per dare un tocco in più di östalgie.

Bolek e Lolek. Dalla Polonia arrivano due ragazzini che, senza proferire parola, vivono avventure fantastiche, il più delle volte solo nella loro immaginazione. Creati da Wladyslaw Nehrebecki nel 1964.

La piccola talpa (Krtek). A casa mia le talpe di solito ricevevano delle badilate in testa ma questa qui, disegnata da Zdeněk Miler nel 1957, era sempre la benvenuta. I cartoni raccontano le vicissitudini della piccola talpa alle prese con il mondo. Fino al 2002 il cartone è stato realizzato dal leggendario Krátký Film di Praga, ceco come la talpa.

Pat & Mat. Fantastica serie cecoslovacca realizzata da Lubomír Beneš a passo uno. La serie racconta i disastri perpetrati da due tra i più grandi idioti nella storia dell’animazione nel realizzare anche il più banale tra i lavoretti fai da te, in un escalation di catastrofi che solitamente inizia con un chiodino nel muro e finisce con la demolizione di un appartamento. Alla fine però una soluzione la trovano sempre.

La regina delle nevi. Da piccolo questo film russo del 1957 mi faceva letteralmente cagare addosso. Le scene con la splendida e terribile regina si guardavano tra le dita delle mani, posizionate strategicamente davanti agli occhi e da chiudere a scatto al momento delle scene più impressionanti. Ancora adesso viene usato come spauracchio nei confronti dei miei nipoti.

La famiglia Mezil. Una serie molto conosciuta perchè andava in onda su Rai 2 ma pochi sanno che in realtà proviene dall’Ungheria e il primo episodio è del 1969. La seconda serie è quella che preferisco: il figlio Aladar ogni sera va in giro per lo spazio con il suo cane su di un astronave gonfiabile.

Il coniglio con le orecchie a scacchi (Kockásfülű nyúl) e Gustavo (Gusztáv) li vedevo ma ammetto di non ricordarmi quasi niente di loro.

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