Per un pugno di film...

Alcune giornate iniziano bene, altre meno. Di solito, per chi scrive, la seconda categoria viene inaugurata da una sfilza di titoli orrendi e angoscianti della stampa nazionale on line. Non serve a nulla cambiare testata e passare dalla nuova pesantissima home page del Corriere a quella – fac simile, ma almeno un po' più leggera della Repubblica. Le notizie sono sempre – a scelta – mal selezionate, mal presentate e peggio scritte. Oggi, per esempio, dopo il caso Betancourt, il caso Gravina, il caso razzismo, ecc., uno dei titoli del Corriere recita “Cento film italiani da salvare. Sette Fellini, ma niente Leone. Parte la campagna per far diventare il cinema materia scolastica.” (Già questo basterebbe a far rizzare i capelli sulla testa perché il pensiero corre ai possibili insegnanti). Giusto per dare una chance passiamo alla lettura dell'articolo. Scopriamo che l'iniziativa rientra in un progetto, appunto, di promozione del cinema a materia da insegnare nelle scuole, curioso e disperato tentativo di avvicinare il sistema istruzione a generazioni di studenti che sempre più vivono in una dimensione – tecnologica, culturale, linguistica, globale – che i loro insegnanti e i loro genitori non capiscono. A parte questo, l'iniziativa potrebbe anche essere simpatica. Invece di progettare, però, un “piano di studi” di storia del cinema e di visioni interessante (che magari non comprenda solo film italiani, ma tutti i “capolavori” del cinema mondiale e che tuttavia pare difficile da attuare, visto che persino le facoltà universitarie di cinema dispongono spesso di pochissimo materiale audiovisivo, sale di proiezione inadeguate, attrezzature vetuste) cosa si fa? La solita cosa “all'italiana” cioè si stila una lista di film considerati IMPERDIBILI, film che avrebbero – cito testualmente dall'articolo – “cambiato la memoria collettiva del paese fra il 1942 e il 1978”. A parte l'inspiegabilità del range prescelto, arrivano subito altre sorprese. Leone non c'è, ci sono molte commedie ma nessun spaghetti western, nessun poliziottesco, nessun Dario Argento e la lista potrebbe continuare. Mancano, insomma, tutti quei generi che universalmente vengono riconosciuti come distintivi del cinema italiano di quegli anni. In compenso, sfilano titoli certo importanti come Europa 51, Novecento, Roma città aperta, Ladri di biciclette, Amarcord, Senso, ma anche diversi altri di cui sfidiamo l'italiano medio a raccontare la trama. Sì, perché se lo scopo è quello di elencare i cento film che hanno “reso l'Italia quella che è oggi”, se i limiti temporali sono il 1942 e il 1978 e se diamo per buona l'idea che una persona raggiunga il suo pieno sviluppo attorno ai trent'anni e che la media fra le due date estreme (oltre che periodo d'oro del cinema italiano) sia il 1960, possiamo forse dire che il compilatore ideale di questa lista sono un uomo o una donna che oggi avrebbe sui 75 anni. Mi piacerebbe tanto fermare un vecchietto per strada e chiedergli cosa ricorda, per esempio, di film come L'udienza (Ferreri, 1971), La provinciale (Soldati, 1953), Carosello napoletano (Giannini, 1953), Febbre di vivere (Gora, 1953), I magliari (Rosi, 1959). Al limite, potremmo chiedere alla senatrice Paola Binetti cosa pensa di Cielo sulla palude. Sicuramente, qualcosa saprà dirci dato che il film racconta la storia di Maria Goretti. Altro che Per un pugno di dollari....

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