The Kills fanno una musica profondamente notturna. Anche quando la produzione si fa più patinata – anche troppo, come in questo Midnight Boom – è sempre un senso di oscurità a uscire dalle loro canzoni. Punk blues scarnificato su basi di batteria elettronica poverissima: da qualche parte tra la New York dei Velvet e dei Sucide e la Detroit deviante di Iggy Pop. Certo, hanno un lato glamour che può infastidire. Lei, VV è il non plus ultra della indie diva: pallida ed esile, ha una voce capace di passare dal velluto all’urlo blues senza problemi e un guardaroba sciupato al punto giusto, che mette assieme jeans rossi, stivali di pelle graffiati e giacche leopardate. Lui, Hotel, fedele al proprio nome, sembra ripescato ogni giorno da sotto il letto di un albergo di infima qualità. Poveraccio, è uno di quelli con l’aria tossica suo malgrado, jeans stretti e chiodo tenuto insieme da cuciture consunte, chitarra e sigaretta. Ma l’incedere elettrico dei suoi riff è irresistibile. Come se un vecchio bluesman cieco suonasse nel retro di una discoteca dismessa, a New York, sul finire degli anni settanta. Certo, vi diranno, giocano un po’ a fare gli X. Certo, forse non saranno mai più all’altezza del primo disco, Keep on You Mean Side e la produzione ora è po’ troppo cool. Ma il rumorismo elettro-industriale di M.E.X.I.C.O.U., i Depeche mutanti di Tape Song, i bassi profondi – alterati da schitarrate rugginose – di Alphabet Pony sono puro delirio urbano, frustate di cuoio con melodie filastroccose e contagiose, brevi folgorazioni da nero garage elettrico. E una “cosa” come Last Day of Magic, residuo fantasmatico a due voci di 1979 degli Smashing Pumpkins corre il rischio di restare impresso nella memoria.
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