On the road in Garfagnana ovvero Itinerario Pascoliano


Particolarmente memorabile, durante il viaggio in Toscana e Liguria di inizio luglio - col gruppo duffocovata al gran completo – la visita alla casa di Giovanni Pascoli. Dopo lunghe e perigliose corse sui tornanti della Garfagnana, con Duffo al volante, degno erede delle mitiche corse in salita che tanto rallegrarono gli anni settanta italiani, e dopo attraversamenti di borghi ridenti, ci si recò a Castelnuovo Garfagnana. Castelnuovo, oltre ad essere un'amena località con annessa fortezza estense, fu a suo tempo governata dall'Ariosto, e non ci si toglie dalla testa l'idea che l'assegnazione fosse stata una punizione, o un anticipo di vendetta per le generazioni costrette a perdere la vista e il senno sui poemi cavallereschi.
A Castelnuovo Garfagnana si assiste a un fenomeno curioso e forse di origine soprannaturale, vale a dire un afflusso pomeridiano sconsiderato di clientela alla locale sede di una celebre banca senese. Nel giro di quindici minuti, mentre cerchiamo di riaverci dalla fatiche del viaggio scolando cochecole e acque e menta come se piovesse (non eravamo ancora stati iniziati alle meraviglie della cedrata, avverrà a Genova), notiamo almento venti persone che entrano nella banca, tutte dotate di misterioso foglietto. Essendo quelli i primi giorni della crisi in borsa, non riusciamo scacciare dalla testa l'idea che tutto nasca da Castelnuovo, e che broker senza scrupoli si siano dati appuntamento in Garfagnana per dare l'assalto ai bastioni borsistici.
Si prosegue dunque. Prima per Barga, per inerpicarci fino al primo punto immancabile del nostro Pascoli Tour: il praticello chiamato Arringo, antico luogo di comizi e declamazioni, già cantato dal sommo poeta con il suo solito stile vivace e solare:

"Ora nell’Arringo ruzzano in qualche ora del giorno i vostri ragazzi: nei Lavelli non sono più nemmeno le vecchie ossa — il camposanto è morto anch’esso —: solo il Duomo raccoglie in sè tutte le vostre memorie e glorie, e parla a tutta la valle con la voce soave e profonda delle sue campane".

Poi si scende passando nei pressi del teatro comunale in cui nel 1911 venne pronunciato dal poeta il celebre discorso "La grande proletaria s'è mossa", col quale, in pieno italian style, un signore la cui maggiore esperienza di battaglia furono i certami virgiliani, esortava il popolo alla guerra in Libia.
Il borgo è comunque bello, il caldo torrido, i turisti pochi, gli italiani assenti. Molte chiese e chiesette, un bel San Cristoforo ligneo nel Duomo, un educandato delizioso, splendida vista sugli appennini. Dopo un ottimo gelato allo zenzero accanto all'ennesima chiesetta, si riparte per Castelvecchio affidandoci alla perizia navigatoria del cellulare di Duffo, che ci porta a destinazione senza troppe giravolte e deviazioni. In auto si discetta di Pascoli, della passione per le sorelle, si fanno pettegolezzi infondati, anche se stranamente non cediamo alla nota propensione per la cronaca nera ed evitiamo di fare ipotesi sull'ammazzamento di Pascoli padre.
Si arriva alfine sotto la casa del Poeta, a Castelvecchio. Il parcheggio è deserto e accanto vediamo una pizzeria che dev'essere chiusa da tempo immemorabile. La viuzza in salita per accedere al buen retiro del romagnolo scoraggia anche i più intrepidi, e si opta per dare un'occhiata dal di sotto a quella che si presume essere la casa pascoliana. Poi è anche lunedì, probabile giorno di chiusura. Si intravvede un porticato, decidendo che con certezza è la dimora del poeta, permettendoci così di raccontare ai posteri che "ci si è stati". Un rimpianto, però: solo ora scopro che alla casa avremmo trovato un buon liquore intitolato al poeta, chiamato il "Luigino". Dedica di sicuro buon gusto, dato che Pascoli morì per le conseguenze del suo alcolismo.

Nella foto, un Pascoli senza dubbio ben carico di "Luigino" si appresta ad arringare un gruppetto di aficionados.

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