Viaggio alla fine delle Tenebre

Inizia nella pioggia dello Yorkshire, come un prologo alle tenebre poliziesche del Red Riding Quartet di David Peace. Continua come la storia dell'elaborazione psicotica di un lutto. E poi esplode in un proliferare di trame spionistiche, agenti doppi e tripli, intrighi internazionali. Omicidi, incidenti, intercettazioni, hackeraggio ante litteram, membri del Civil Service che non si capisce da che parte stiano, plutonio. Finisce come una lacerante parabola sul bene e sul male, sulla sopravvivenza della terra, sullo scegliere da che parte stare, fatta ad ogni costo.
Edge of Darkness, di cui è uscito qualche tempo fa il remake con Mel Gibson (diretto dallo stesso regista e intitolato, in italiano, Fuori controllo), è semplicemente uno dei massimi capolavori televisivi di tutti i tempi, capace di mescolare dramma poliziesco, spy story, ecologia, paranoia e apocalisse. Ma soprattutto, questa serie del 1985 diretta da Martin Campbell (made in BBC, naturalmente) è una parabola politica di rara lucidità e preveggenza (Chernobyl arriverà qualche mese dopo la messa in onda). Per scriverla, lo sceneggiatore Troy Kennedy Martin è partito infatti da una serie di eventi ben precisi, tra cui il celebre discorso di Reagan che darà il via al progetto delle guerre stellari in chiave antisovietica e il forte investimento Thatcheriano sull'energia e gli armamenti atomici (nella serie a un certo punto vediamo la Iron Lady sostenere, in un dibattito televisivo, la necessità di puntare sui missili Trident). Ma la genialità del racconto sta nel costruire la vicenda attorno a una serie di passaggi simbolici ben precisi, che trasformano la ricerca della verità del detective Craven, che vuole sapere perché sua figlia sia stata uccisa, prima in una discesa agli inferi (rappresentati dalla centrale nucleare di Northmoor) e poi in una quête filosofica per la sopravvivenza della terra.
Per Edge of Darkness Kennedy Martin ha pescato a piene mani da varie fonti, decostruendo il crudo realismo della messa in scena attraverso inserti fantastici (le apparizioni del fantasma della figlia Emma all'allucinato Craven) e filtrando il tutto attraverso una chiave esplicitamente arturiana: un'interpretazione data dall'autore è quella che vede Craven come il Green Man, difensore mitico della terra e della natura, preso nella lotta tra i due cavalieri, Jedburgh, il cavaliere teutonico, difensore dei confini orientali, e il perfido Grogan, il templare, l'uomo dei traffici occulti e del denaro.
Jedburgh è l'uomo della CIA e di San Michele (il protettore dell'agenzia, appunto), che viaggiando tra una missione nel Salvador e una partita a golf incrocia la sua strada con quella di Craven. E Craven è incerto se portare avanti una vendetta personale o se accettare il fluire delle cose, nella fiducia che un giorno Gaia, la terra-organismo, ritroverà un nuovo equilibrio in una omeostasi raggiunta forse attraverso l'eliminazione del genere umano.
La follia di Craven (interpretato dallo straordinario Bob Peck, ma tutti gli attori sono magnifici, a partire da Joe Don Baker nella parte di Jedburgh) è quella dell'uomo oppresso dal senso di colpa che va verso il crollo nervoso. Ossessionato progressivamente dagli alberi, uomo pianta (come non pensare all'albero contorto come metafora della follia di The Shout diSkolimowski)
sempre più lontano dagli uomini, alla ricerca della verità, gravato dal peso del lutto (prima della figlia era morta la moglie) e di un passato vissuto dalla parte dello Stato, anche a costo di tremendi compromessi (è stato in Irlanda, a combattere l'IRA con mezzi poco ortodossi), Craven è un personaggio difficile da dimenticare.
Uscire dalla psicosi, per lui, non significa ricomporre l'unità funzionale dell'io, ma accedere a una sorta di connessione cosmica sacrificale. L'ultima inquadratura, che non anticipo, dice tutto. La terra sull'orlo del baratro nucleare è forse una parente radioattiva della Waste Land di Eliot e negli archetipi dei cavalieri arturiani e dei cicli della rinascita sta la chiave di quest'opera unica. Occorreranno anni per rivedere qualcosa del genere in televisione (ancora in Inghilterra, con la miniserie Children of the Earth di Torchwood). Ma qui siamo davvero di fronte a un miracolo di concentrazione e di economia narrativa, in cui il ritratto cupo dell'Inghilterra della Thatcher, delle lotte per il potere economico e dei conflitti sindacali viene reso attraverso lo sguardo di un uomo guidato ormai da una determinazione cieca. L'eccezionale carica allegorica della narrazione è la stessa che ritroviamo ad esempio nel Sandman di Gaiman: un concentrato di codici che si incrociano in una narrazione su più livelli, dove il gotico incontra Sherlock Holmes e la potenza del teatro elisabettiano si mescola alle scissioni psicotiche di cui parla lo psichiatra Laing, e l'ipotesi di Gaia di Lovelock si lega agli incidenti nelle centrali nucleari.
E questa complessità di registri si coglie già in una delle prime scene. Emma è appena stata uccisa. Craven entra in camera della ragazza, tocca le sue cose, le annusa. I suoi vestiti, i suoi libri, in un cassetto dei documenti. Un vibratore, segno della distanza che lo separa dalla vita indipendente della figlia. I manifesti politici alle pareti. Un orsacchiotto. Frammenti di un rapporto padre e figlia ormai spezzato. Craven si sofferma a lungo su ogni oggetto e la sequenza apparentemente patetica comincia a trasformarsi in una scena ossessiva. Ma c'è qualcosa che non va. Un contatore geiger. E poi una pistola. Craven sul letto della figlia, lo sguardo nel vuoto, la pistola in una mano e l'orsacchiotto nell'altra, comincia la sua discesa agli inferi, lo spettatore entra nella mente del poliziotto. Sul giradischi una canzone di Willie Nelson, Time of the Preacher (che tornerà alla fine, chiudendo il cerchio). L'atmosfera è sospesa. E le parole della canzone gettano una sensazione di ineluttabile corsa verso la distruzione. "It was the time of the preacher in the year of 01 /Now the lesson is over and the killing's begun". E si inizia a sprofondare nella notte, nelle tenebre, oltre the edge of darkness. I fiori neri spunteranno e forse il mondo, sotto lo sguardo triste dell'uomo verde, rinascerà dalle proprie ceneri.

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