Della serie, quando non si ha un cazzo da fare si rompono i coglioni agli altri. Il tabloid inglese The Sun (meglio noto come The Scum), terminata evidentemente la quotidiana dose di spazzatura in cui rovistare, ha pensato di creare una sorta di numero verde delatorio per raccogliere notizie utili a smascherare Burial, l’esponente più famoso di quello che probabilmente è il fenomeno musicale più interessante degli ultimi anni. Se il dubstep è il genere sulla bocca di tutti (in Inghilterra soprattutto, ma anche da noi e nel resto d’europa se ne parla già da un po’) lo si deve soprattutto ai due oscuri capolavori dell’uomo col berrettino usciti per Hyperdub nel 2006 e alla fine del 2007 (ma non dimentichiamo altri grandi come Kode9, Spaceape, Benga, Digital Mystikz, Loefah, Skream e tutto quello che potete trovare sulle compilation Dubstep Allstars). La sua musica, ne accennavo già in un post recente, è fatta di suoni che sembrano venire da dimensioni distanti dalla nostra, a base di percussioni spezzate e bassi ipercompressi, voci soul piratate dalle onde radio e scricchiolii di puntine che saltano su vecchi vinili. Il dubstep è figlio di musiche urbane e fieramente fuori dal giro, come la jungle, lo UK garage o il grime, e delle radio pirata di Londra degli anni novanta. Tanto per dire, il dubstep è riuscito a farmi andar giù le ritmiche in levare dopo tanti anni di cazzate rasta e di reggae soporifero. Candidato a ricevere il prestigioso Mercury Prize per il suo Untrue, conteso a destra e a manca per la sua capacità di evocare sensazioni oltremondane con pochi suoni mescolati ad arte, Burial ha visto lo hype attorno al suo nome crescere sempre di più. E il piccolo mistero su quale fosse la sua identità ha sicuramente contribuito alla cosa. Tra le ipotesi fatte, c’erano quelle che sotto il berrettino nero del nuovo guru elettronico ci fosse gente del calibro di Norman “Fatboy Slim” Cook e di Aphex Twin. Ora, forse per disinnescare la mossa del giornale porcheria, Burial ha pubblicato su Myspace una sua foto svelando l’arcano: si chiama Will Bevan, è un tipo cha ama il basso profilo e preferisce che siano i suoi tunes ad avere tutta l’attenzione. Simpaticamente si scusa con i fan per qualche pezzo non riuscito (!!!) per poi ritornare nella sua privacy fatta di beat soffocati e neri panorami urbani, a creare nuovi capolavori e loop mesmerici. Spero che l’onda nera del dubstep continui a insinuarsi, come un virus benigno, nelle onde radio.
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