Postmoderno 2: The great Leprecano's feud

C'è una grande faida interna alla Tana del Leprecano che va avanti da molto tempo. Sotto lo sguardo assonnato e sconsolato della platy, il sottoscritto e l'alunno Proserpio (già maestro Perboni) da anni ci affrontiamo, anche violentemente, su due questioni: l'uso del termine postmoderno, argomento su cui il maestro ha scritto "un post filologico" per la vecchia tana, e sulla possibilità e utilità di definire il genere del cinema horror.
Lo scontro, come tutte le faide che si rispettino tra redneck e cajun, è inframmentato da periodi di calma bucolica ed improvvise vampate di violenza fisica e verbale, che si scatenano anche da piccole scintille. In questo caso la scintilla è un articolo apparso sul sito di Repubblica "Fonzie all'attacco di Nanni Moretti" di Michele Serra. Lo scopo dell'articolo quello di dare una spiegazione ad uno dei problemi più spinosi del mondo intellettuale italiano contemporaneo: come giustificare il fatto che ti piace Happy Days e, allo stesso momento, ti piacciono i film di Moretti. E' il dilemma amletico della cultura italiana, ammettere che può piacere la cultura alta e allo stesso tempo la cultura bassa. Serra sostiene che la soluzione è la distinzione: "tenendo ben presenti le differenze di calibro, le diverse (come dire?) temperature intellettuali di Happy Days e di Ecce Bombo, decidiamo dunque di annetterceli entrambi. Perché non è vero che bisogna amare sia il "basso" che l'"alto". Bisogna, potendo, amare il meglio dell'alto e il meglio del basso".
Il dilemma non sembrerebbe avere a che fare direttamente con la nostra faida sul postmoderno, infatti Serra non cita nemmeno il termine, eppure secondo me può dare spunti interessanti. Finora abbiamo sempre analizzato la postmodernità della singola opera, Kill Bill di Tarantino per esempio, ma il vero problema sta nell'emergere negli ultimi venti/venticinque anni di una cultura che viene definita postmoderna. Questo termine ha la stessa funzione della soluzione di Serra, non serve a niente, se non a tamponare alcune lacune terminologiche o ideologiche. Non sai come definire l'ultimo libro di Umberto Eco? Postmoderno! Non sai come definire la musica di Beck? Postmoderna! Tarantino? hmm...Postmoderno! Con lo stesso processo logico, se sei un intellettuale di sinistra e adori i film di Moretti puoi giustificare la tua predilizione per Happy Days dicendo che è "il meglio" che emerge dalla mondezza televisiva. Qui però non si tratta solo di qualità si tratta di generi ben precisi ed individuabili che vengono più o meno inconsciamente ignorati. Mettere insieme cose che non hanno nulla a che vedere perchè non si vede altro modo di uscire dal problema di classificazione, non risolve un bel nulla. Se estremizziamo l'esempio la soluzione di Serra appare ancora più inutile. Uno a cui piacciono i film di Bergman e allo stesso tempo Goldrake si giustificherebbe dicendo che entrambi sono il meglio nel loro ambito culturale. Il fatto è che per me non c'è soluzione: o non devi giustificarti per niente in quanto non ha senso, è la stessa distinzione tra alta e bassa cultura ad essere sbagliata in partenza; oppure si accetta la distinzione tra alto e basso e allora non sei giustificabile e rimarrai sempre uno strano a cui piacciono allo stesso tempo i film impegnati e i cartoni televisivi.
Riportando il discorso sul postmoderno, alla luce della necessaria e naturale differenziazione per generi della cultura, è ancora più evidente l'inutilità del termine così come viene usato adesso in tv, nei giornali e sul web. Se per postmoderno si intende solo un opera che viene realizzata mettendo insieme elementi di generi e linguaggi diversi allora non ha senso neanche più parlare di generi, perchè tutto a quel punto diventa postmoderno e tutto diventa indistinguibile. Secondo me invece, un film dovrebbe essere sempre individuabile, cioè riuscire a determinarne l'appartenenza ad un genere con sufficiente precisione. E' vero che ci sono degli esempi, citavo prima Tarantino, che difficilmente possono essere definiti in maniera univoca, cioè assimilati ad un genere piuttosto che a un altro senza alzare il solito polverone delle lamentele degli appassionati di entrambi. Per questo penso si possa usare tranquillamente il termine multigenere e in un secondo tempo l'indicazione dei vari generi toccati dall'opera.
Tutto finito? No, perchè postmoderno ora viene anche usato come sinonimo di un più generale modo di considerare l'opera d'arte. Senza scomodare Walter Benjamin ma sembra che postmoderno sia ormai sinonimo di riscoperta e valorizzazione di tutte quelle opere che non nascono con l'aurea di alta cultura. Se ti piace Lino Banfi basta che tu dica che è postmoderno e poi puoi fare una retrospettiva dei suoi film con la Fenech a Venezia. Scusate ma non funziona così. L'arte popolare esiste dai tempi delle avventure seicentesche di Simplicissimus di Grimmelshausen ed è stata quasi codificata negli anni '50 e '60 del novecento nell'ambito della popart. Se proprio dovevano creare un termine per indicare la cultura pop contemporanea, che chiaramente ha delle differenze da quella di decenni fa, allora potevano usare popmodernismo invece che un termine coniato da Lyotard per indicare tutt'altro. Ormai la nostra intellighenzia culturale, oltre ad essere modaiola ed ignorante è diventata anche poco originale o, proprio come direbbe Lyotard, è postmoderna.

by duffogrup 21/01/07

Commento dell'alunno Proserpio (già maestro Perboni): Mi piace l'idea di popmodernismo come alternativa al postmoderno. L'unico passaggio che non condivido dell'articolo è quello sull'idea di genere come contenitore riconoscibile: anche il genere è una convenzione, dato che scrittori come Stevenson mettevano negli stessi racconti l'avventura, le sfumature horror, la riflessione filosofica, oppure Poe mescolava ipotesi scientifiche, fantastico, giallo e terrore. Il genere in quanto tale mi sembra una "unità di misura" poco utile per definire le cose. Sono d'accordo però che l'ondata postmoderna ha portato a giocare con i generi in modo insensato e gratuito, quindi ben vengano scrittori e registi che accettano di stare dentro il genere.

Chiosa di duffogrup: Chiaramente i generi sono una convenzione, che però non ho creato io, ci sono sempre stati. O meglio, diciamo che fino all'800 suddividere la letteratura, il teatro o l'opera in generi non aveva molto senso. Dall'esplosione dell'arte popolare invece i generi si sono cristallizzati e in alcuni casi, per esempio il noir, sono stati quasi codificati. D'altronde tu stesso dicevi che il noir si differenzia dal giallo anche per una differenza strutturale, la non circolarità tra situazione iniziale e finale. Per quanto minimi secondo me i caratteri di riconoscibilità dei generi esistono e non è giusto usarli quando fa più comodo, come per esempio fa la totalità dei critici della carta stampata. 

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