Altro... e montagne

Considerando che il fruitore tipo di questi eventi è generalmente un individuo assatanato di cime e di alture, un po' più di montagna non avrebbe dato fastidio, anzi. Ma ormai da qualche anno l'interesse del TrentoFilmFestival sembra sempre più orientato a temi politico-antropologici più che alle “ardite imprese” tanto care agli alpinisti di una volta. Per carità, c'era sicuramente bisogno di guardare fuori dall'oblò della tenda supertecnica piazzata all'ultimo campo base o di mollare per un momento la contemplazione della vergine parete immacolata per accorgersi che da quelle parti c'è gente che vive e tribola da non poche generazioni. Ma c'è una notevole differenza tra un tema legato alla montagna ed uno che lambisce di striscio qualcosa che vagamente le assomiglia
Fatta questa premessa che rende giustizia agli assatanati di cui sopra, non si può che essere grati agli organizzatori del festival per averci fatto conoscere (con l'inganno!) autori e soggetti che altrimenti noi fanatici delle vette non avremmo mai degnato di attenzione. Come l'illuminante “Piazzàti” di Giorgio Dritti, documentario (peraltro molto ben fatto) sui bambini “affittati” delle valli occitane nel secondo dopoguerra. Situazioni ricostruite retrospettivamente, dalla viva voce degli ormai ultraottantenni protagonisti. Nessun sentimentalismo alla De Amicis: occhi asciutti e un sottile livore ancora vivo nei confronti dei loro padroni dell'infanzia.O il sorprendente “Ba yue shi wu” della giovane regista cinese Xuan Jiang, tutto girato all'interno di una corriera di linea che attraversa una regione isolata nelle montagne della Cina. Ispirato ad una storia vera, racconta la nemesi di una ragazza violentata tra l'indifferenza di tutti i suoi compagni di viaggio tranne uno, che si salverà. Una morale durissima e cristallina, quasi da mito greco, raccontata con rigorosa sobrietà. Non altrettanto ben fatto, ma ricco di informazioni su un aspetto oscuro della nostra storia pre-Shengen (quando l'Italia era ancora circondata dal favoloso Estero) “Sul Confine” di Alberto Anzani: storie di “spalloni” nei monti di Cernobbio impegnati in un faticoso gioco a guardie e ladri con i finanzieri di stanza al confine con la Svizzera Decisamente fuori tema, per quanto interessante, “Grozny Dreaming” degli svizzeri Fulvio Mariani e Mario Casella. È la storia di Uwe Berkmer, direttore d'orchestra tedesco che con teutonica determinazione vuole portare a compimento un suo progetto di pace e di musica: fondare un'orchestra del Caucaso. Considerando che la regione ribolle perennemente di conflitti più o meno latenti, il documentario risulta un curioso collage di prove d'orchestra e filmati di guerra. Ma per fortuna la montagna vera c'è ancora, e che montagna! L'etnologa francese Marianne Chaud si è infilata in una delle valli più isolate della regione himalaiana dello Zanskar, per trascorrere alcuni mesi nel remotissimo villaggio di Sking a 4000 metri d'altitudine. Qui, al cospetto di montagne dalla prodigiosa bellezza cui non ci si abitua mai, ha condiviso la vita e le fatiche delle donne del villaggio in perenne gara contro la fame e contro l'inverno. Ne è uscita con “Himalaya terre des femmes”, che documenta la vita quotidiana in uno degli ambienti più estremi e severi della terra. Per la cronaca e per i fanatici delle statistiche, i film proiettati nelle due settimane del festival sono stati 113, tra documentari, cortometraggi e film d'animazione. In ordine sparso i paesi d'origine delle produzioni oltre all'Italia erano: Francia, Svizzera, Germania, Spagna, Finlandia, Austria, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Turchia, Bulgaria, Polonia, Serbia, Grecia, Olanda, Russia, Cile, Canada, USA, Iran, Corea, Bolivia, India, Giappone, Marocco. Per farsi un'idea più precisa, si può anche visitare il sito ufficiale del festival: www.trentofestival.it.

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