Per rendersi conto di come ormai l’elettronica sia diventata una specie di linguaggio universale in grado di mettere in comunicazione universi musicali molto diversi è sufficiente ascoltare due dischi usciti di recente.
La Bella è Alison Goldfrapp, che dopo aver giocato alla piccola Madonna con i primi tre album, spaziando tra pop e dance con molto glamour, ora pesca dal tricorno (si veda la copertina con fotografia controluce che fa un sacco erotismo d’antan) questo Seventh tree, perla di electro folk che spazia da un cantato soave degno di Sandy Denny o di Vashti Bunyan a basi elettroniche di elettronica nostalgica ripescata direttamente dal french touch dei primi dischi degli Air o addirittura dall’easy listening degli anni settanta. E così, tra il folk sporcato e molto Coco Rosie di Eat Youself, i beatlesismi psicotropi di Happiness, il gioiellino estatico Little Bird o la solare A&E, Alison propone musica realmente fuori dal tempo, retrofuturista comme il faut e piena di arabeschi vocali tracciati con un filo di voce. Grandi svolazzi d’archi di scuola francese farciscono gli scarni accordi chitarristici da menestrello celtico e le progressioni dei loop, creando una strana sensazione di spaesamento spazio-temporale. Su tutto spicca la surreale Cologne Cerrone Houdini (???!), come dire Melody Nelson che scorrazza a cavallo per la campagna inglese.
La Bella è Alison Goldfrapp, che dopo aver giocato alla piccola Madonna con i primi tre album, spaziando tra pop e dance con molto glamour, ora pesca dal tricorno (si veda la copertina con fotografia controluce che fa un sacco erotismo d’antan) questo Seventh tree, perla di electro folk che spazia da un cantato soave degno di Sandy Denny o di Vashti Bunyan a basi elettroniche di elettronica nostalgica ripescata direttamente dal french touch dei primi dischi degli Air o addirittura dall’easy listening degli anni settanta. E così, tra il folk sporcato e molto Coco Rosie di Eat Youself, i beatlesismi psicotropi di Happiness, il gioiellino estatico Little Bird o la solare A&E, Alison propone musica realmente fuori dal tempo, retrofuturista comme il faut e piena di arabeschi vocali tracciati con un filo di voce. Grandi svolazzi d’archi di scuola francese farciscono gli scarni accordi chitarristici da menestrello celtico e le progressioni dei loop, creando una strana sensazione di spaesamento spazio-temporale. Su tutto spicca la surreale Cologne Cerrone Houdini (???!), come dire Melody Nelson che scorrazza a cavallo per la campagna inglese.
Sebastien, invece, è Sebastien Tellier, barbuto freak geniale del pop francese, già autore di un paio di dischi best-seller, e capace di suonare durante raffinate installazioni nei grandi templi dell’arte d’oltralpe, tipo il Centre Pompidou, e allo stesso tempo di proporre un disco come questo Sexuality, tamarro fin dal titolo. Avvalendosi della produzione di nientepopodimeno che Guy de Homem Christo (ovverosia metà del duo mascherato dell’empireo elettronico, i Daft Punk) Tellier gioca con un concept basato sull’idea di esplorazione delle relazioni umane sub specie sexualis, con tanto di singulti e orgasmi degni del miglior Gainsbourg. Non a caso, Tellier dichiara di essersi richiamato all’uomo dalla testa di cavolo, uno dei capolavori del grande Serge. Oltre a perfetti oggetti pop, come Roche, malinconica ballata elettronica piena di onde e rumorismi, l’astronave anni ottanta di Divine, la viscida Pomme, che fa immaginare umide scopate sulla moquette sorseggiando bottiglie di Cointreau, in Sexuality ci sono due capolavori assoluti: la strumentale Sexual Sportwear, molto Air, ma con un fondo di malinconia robotica che non può non far pensare allo zampino daftpunkiano, e soprattutto la disperata L’amour et la volence, delirio post coitale da mettere in sottofondo ai libri di Houellebecq, aperto dal pianorte e poi portato alle stelle da un giro di elettronica minimale quasi barocca. Per gli amanti del kitsch troviamo anche la fantastica Mandy, ispirata dai Rondò veneziano, cantata in un italiano improbabile, che ci immerge in una specie di settecento casanoviano e artificiale. Dopo tutto, il folle Sebastien ha dichiarato che tra le sue influenze c’è anche il nostro Lucio Battisti.
Insomma, le vie dell’elettronica sono infinite, come i viaggi nel tempo.
Insomma, le vie dell’elettronica sono infinite, come i viaggi nel tempo.
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