Piccolo Dizionario del Cacciatore di Fantasmi A-D

Se la Hauntology ha a che fare con fantasmi che ritornano e non smettono di infestare i luoghi che hanno abitato da vivi, ritorno anch’io sul luogo del delitto. L’occasione è data da quello che si annuncia come il primo tentativo articolato di formulare delle idee sul tema in Italia, vale a dire la Piccola Hauntologia Scolastica che Balducci sta pubblicando su Blow Up. La forma di questa trattazione sarà quella del dizionario, per cercare di dare ordine a un tema che per sua stessa natura risulta difficilmente afferrabile. Ecco quindi una guida ragionata (e ovviamente personalissima) per il cacciatore di fantasmi.

A come L’Australiano (titolo originale The Shout). In questo capolavoro girato in Inghilterra dal regista polacco Jerzy Skolimowski, Alan Bates è un misterioso straniero che arriva in un piccolo villaggio sulla costa del Devon. Finisce in casa di un musicista sperimentale che utilizza gigantesche apparecchiature elettroniche per creare una sorta di noise ante litteram. Piccolo particolare: lo straniero dice di aver appreso dagli aborigeni, durante un suo viaggio in Australia, il segreto dell’urlo che uccide. Ambientato per buona parte nel corso di una partita di cricket tra degenti di un ospedale psichiatrico, è un capolavoro che indaga il rapporto tra istinti e razionalità, ma è anche uno dei più straordinari film sulla funzione disturbante del suono e della musica. L’ambientazione tipicamente british, il senso di disagio che lo attraversa e il continuo richiamo alla dimensione onirica ne fanno secondo me uno dei progenitori del versante più inquietante della Hauntology.


B come BBC. Non solo per l’ovvio riferimento ai grandi sperimentatori del BBC Radiophonic Workshop (tra cui ricordo almeno John Baker, Brian Hodgson e naturalmente Delia Derbyshire), ma perché la stessa idea della televisione come strumento educativo tipica della rete pubblica britannica ha fatto sì che venissero prodotti tra gli anni sessanta e i primi anni ottanta una miriade di programmi che oggi infestano i circuiti mnemonici degli hauntologisti. L’attenzione per la modernità, per la scienza, per le leggende del passato, per l’educazione dei fanciulli e delle fanciulle attraverso stranissimi clip animati sono solo alcune delle caratteristiche dello stile BBC. E ancora le animazioni di Oliver Postgate, le centinaia di puntate di Doctor Who, i balzi in avanti di World of Tomorrow. Tutti frammenti di immaginario capaci di far entrare in risonanza il passato più remoto e il futuro più stilizzato. In generale, tutta la televisione inglese rappresenta una fonte di evocazione hauntologica: serie degli anni sessanta come Owl Service (crisi adolescenziali vissute attraverso il filtro delle remote leggende gallesi del Mabinogion), The Changes (racconto neoluddista per ragazzi in cui l’umanità viene colta da furia antitecnologica) o The Edge of Darkness (noir che gravita attorno al tema del nucleare che diventa la storia di un’ossessione e poi esplode in un vortice mitologico) fanno capire molto più di mille discorsi la particolare tonalità delle evocazioni hauntologiche. La nostalgia del futuro passa anche attraverso queste visioni catodiche.

C come Caretaker. Tra i vari stregoni (o scienziati) sonori che gravitano attorno alla musica hauntologica, Leyland Kirby alias Caretaker è uno dei più radicali. I suoi lavori fino ad oggi sono come referti stesi da un neurologo impegnato a investigare i disordini della memoria. Esplorando paesaggi sonori pieni di frammenti di vecchi 78 giri, melodie da music hall, frammenti di jazz persi in torrenti di rumori di fondo, Kirby crea un genere musicale a sé, fatto di suoni in progressivo disfacimento. Se molti hauntologisti lavorano sul recupero del ricordo, lui (in dischi come Theoretically Pure Anterograde Amnesia o Persistent Repetition of Phrases) si interroga sul mistero della memoria che svanisce.

D come Derrida. Se il filosofo della decostruzione è colui che, in Spettri di Marx, ha coniato il termine Hantologie, merita senza dubbio un posto in questo dizionarietto. Ma qui mi interessa dire che Derrida è anche il filosofo che più di ogni altro ha pensato il rapporto tra eredità e futuro. Essere contemporanei significa intrattenere un rapporto con la nostra provenienza: noi, per esistere, proveniamo ed ereditiamo. In questo effetto di rinvio al passato risiede la nostra capacità di farci carico del nostro futuro. La prima iscrizione, il segno che dà inizio a qualcosa (un engramma mnemonico, una linea tracciata su una tavoletta d’argilla, un frammento di memoria del computer) non potrebbe esistere se non ci fosse già un sistema di ricezione e di archiviazione che permette di trattenerlo. La prima volta è già una ripetizione. La scrittura (il segno) è la condizione di possibilità della presenza. La memoria anticipa la coscienza. La filosofia è una questione di fantasmi.

ma anche

D come Dubstep. Che il dubstep abbia a che fare con la Hauntology forse non è un dato acquisito. Sono però convinto che la versione più oscura di questo genere, figlio dello UK Garage, del 2 Step e del Grime sia una delle musiche più fantasmatiche degli ultimi anni. I due primi dischi di Burial, con beat persi in mezzo a stazioni abbandonate e frammenti vocali intercettati da qualche radio del passato sono la colonna sonora per passeggiate piscogeografiche in mezzo a capannoni industriali in rovina e strade bagnate immerse nel buio di Londra. Da seguire anche le operazioni teorico musicali di Kode 9, fondatore dell’etichetta Hyperdub. Tra parentesi, il suo primo disco, realizzato assieme a Spaceape, si intitolava Memories of the Future.
(continua)

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