Supermarket Robespierre

"E la grande banca non più locale con sede in Via Rivoluzione d'Ottobre"
Offlaga Disco Pax.

Leggendo un articolo di Repubblica sul fenomeno delle clone towns, cioè quelle città in cui le vie principali, quelle abitualmente dedicate allo shopping, sono ormai dominate da negozi appartenenti a grandi catene di distribuzione, mi è tornata alla mente una conferenza tenuta da Slavoj Zizek l'anno scorso a Pordenone. Le sei tesi presentate dal filosofo sloveno, interessanti e intorcolate come solo Zizek sa fare, spiegavano che l'affermazione di uso comune che identifica come post-ideologico l'attuale momento storico sia una pura illusione e che invece le ideologie sono ben presenti tra noi. La parte della conferenza che mi è venuta alla mente alla lettura dell'articolo è la terza tesi, quella dove Zizek sostiene "che la post-ideologia sia l’ideologia predominante del capitalismo del dopo sessantotto". In parole povere il capitalismo di terza generazione, quello venuto dopo i capitani di industria e i manager delle multinazionali, quello che non si basa su strutture gerarchiche monolitiche e che viceversa tiene in considerazione l'iniziativa dei dipendenti e il loro benessere, quello che ha un occhio di riguardo per l'ambiente e che cerca un contatto diretto col cliente per venire incontro alle sue esigenze, soprattutto attraverso le nuove tecnologie, sia portatore consapevole e strenuo difensore di un'ideologia che possiamo chiamare post-ideologia. In questo tipo di capitalismo "dal volto umano" il prodotto non è solo utilità di consumo e nemmeno solo status (un bene di lusso ha un'utilità molto bassa ma è ostentazione di ricchezza) ma è ideologia, Zizek allo scopo cita una campagna pubblicitaria di Starbucks: “Non è solo quello che compri. È quello a cui credi.” Oltre lo slogan la campagna è ancora più esplicita: "quando compri Starbucks, anche se non te ne rendi conto, stai comprando qualcosa di più grande di una tazza di caffè. Stai partecipando a un’etica del caffè" o anche "C’è una buona atmosfera di caffè. Oh, e una piccola parte del prezzo di una tazza di caffè Starbucks aiuta ad arredare il locale con sedie comode, buona musica, e la giusta atmosfera per sognare, lavorare e chiacchierare. Abbiamo tutti bisogno di posti così al giorno d'oggi. Non c’è da stupirsi se è così buono.
Ecco, se io metto in relazione la tesi di Zizek con i dati forniti con l'articolo dedicato al fenomeno delle città clone comincio a preoccuparmi. Non è tanto il fatto che l'esplosione del fenomeno Sturbucks rischia di far sparire il Bar Sport come luogo folcloristico, quello purtroppo è nella logica dell'economia di mercato e io non so come rispondere ad un obiezione del tipo "Se non ti piace Starbucks puoi fare a meno di andarci". Il problema è che il successo di Starbucks e l'omologazione delle caffetterie cittadine porta con sé anche l'omologazione delle ideologie che vivono nelle varie caffetterie verso quella dominante che l'azienda ha fatto propria. Poniamo caso che la politica di customer reception di Starbucks vieti espressamente ai propri dipendenti, pena licenziamento, di esprimere qualsivoglia commento di natura politica. Questa è ideologia pura e semplice. La politica viene esclusa da uno dei suoi luoghi di dibattito per eccellenza, la caffetteria, per seguire il precetto politicamente corretto dell'apolitica nel mondo degli affari, come a dire: nessuno da Starbucks verrà mai biasimato per le proprie idee siano di destra o di sinistra, siamo qui solo per offrire un buon caffè. E' un atteggiamento legittimo ma inquietante, come viene giustamente sostenuto nell'articolo di Repubblica sta diventando una questione di democrazia perchè ogni pensiero non previsto nell'ideologia propria dell'immagine aziendale viene bandito tout court. Quindi addio alla figura del barista politicamente schierato con cui si poteva parlar male di Peppone o di Don Camillo. Qualcuno può obiettare che questo è un caso estremo, poniamo allora un'eventualità più concreta. Cosa succede se la più grande catena di librerie decide di non vendere più gli autori antigovernativi? La gente andrà nelle periferie per comprare i loro libri o più semplicemente molti di questi autori cominceranno a trovare serie difficoltà ad essere pubblicati? Essendo pessimista di natura propendo per questa seconda ipotesi. L'esistenza in questo paese di asset politico-culturali-industriali simbiotici tipo Governo-Mondadori-Mediaset non fa altro che peggiorare il mio pessimismo. Penso comunque che esista ancora una soluzione semplice e immediatamente praticabile: preservare il più possibile l'esistenza dei piccoli negozi locali in quanto irrinunciabili dispense di ideologie alternative a quelle imposte dall’omologazione cultural-consumistica continuando ad acquistare da loro e non dalle grandi catene. Come diceva quello slogan: prevenirne uno è meglio che curarne cento.

7 commenti:

  1. sarà, ma a me non pare che nei "piccoli negozi locali" le cose funzionino molto meglio che nelle grandi catene.
    e non è solo una questione di esprimere idee "fuori linea" rispetto all'azienda: anzi, è proprio fra i piccoli che si annida lo sfruttamento più sfrenato dei dipendenti. mc donald's i dipendenti li deve assumere, anche se con contratti di merda; i caporali di rosarno, no.

    anche dal punto di vista degli utenti, mi sembra che uno starbucks valga assai più di un piccolo bar tamarro senza wi-fi non ti pare? il problema semmai è che starbucks è l'eccezione e non la regola, in un panorama piuttosto desolante.

    però la questione di fondo che poni, per quello che ho capito, è diversa ovvero la sopravvivenza del pluralismo in un'epoca dominata da grandi marchi: e questo è certamente un problema serissimo nell'era post-ideologica.

    ma a mio avviso, rifugiarsi nei "piccoli" non serve a nulla. meglio prendere atto che, allo stato attuale, non esistono soluzioni pratiche ed immediate.

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  2. Il problema non è tanto l'espansione dei brand che fagocitano i piccoli. Questo è il mercato e se il lavoratore di McDonalds sta meglio di quello del kebab sono contento per lui. McDonalds però non si limita a vendere panini e a dare lavoro a ragazzi disoccupati. Se quelli di McDonalds decidono di fare una grande campagna pubblicitaria contro gli OGM insistendo sul fatto che i loro panini non li contengono nessuno può impedirglielo. Man mano che McDonalds acquisisce piccoli ristoranti l'idea anti-OGM si espanderà contemporaneamente. Alla fine non resterà più alcuna tavola calda in città dove io anti-ecologista convinto posso mangiarmi legalmente la mia bistecca OGM in santa pace (non sono un anti-ecologista). La preservazione del pluralismo, anche nei suoi risvolti negativi, è la questione fondamentale. Tu dici che rifugiarsi nei piccoli non serve, io dico che almeno bisogna preservare un'alternativa all'omologazione del gigante.

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  3. preservare un'alternativa, sono d'accordo. il punto è capire se il fatto di appartenere ad una piccola azienda sia di per sé garanzia di alternativa, o se piuttosto esista una "omologazione dal basso" altrettanto pericolosa (e per di più subdola) di quella dall'alto (che almeno è sotto gli occhi di tutti, dunque bersaglio facile di denuncia).

    che si entri in un kebabbaro, o in un baretto all'italiana, o in una libreria indipendente, la sensazione è che tutto (dalla musica all'arredamento) sia omologato ad uno specifico target.

    detto questo, l'aspetto più interessante da approfondire secondo me è un altro: come si rapportano tra loro, ammesso che si rapportino, la post-ideologia di zizek ed i "fantasmi dell'ideologia" di derrida? (disclaimer: devo ancora leggere il testo di zizek)

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  4. oggi ho appena scoperto che (anche) il negozio dove compravo le scarpe da calcio ha chiuso baracca. puttana eva troia ladra mignotta! l'avevo scoperto l'anno scorso ed era fichissimo. ringrazio i dementi che vanno a comprarle a 200€, di plastica, da decathlon. siate dannati, non segnerete più manco a porta vuota.

    [in realtà stavo facendo ricerche sull'hypnagogic pop e sull'hauntology musicale di matrice reynoldsiana, ma tirare una madonna bella grassa contro questo mondo ci voleva]

    ps: starbucks è un posto inquietante e fanno del caffè di merda, rispondi così.

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  5. @Ndd: Quello che dici è molto giusto. L'omologazione dal basso esiste ed è, oltre che più subdola, più triste. Mi vengono in mente molti concerti a cui ho assistito attorniati da decine di bancarelle che vendevano tutte le stesse magliette "alternative" made in cina. Hanno finito per trasformare una t-shirt in un uniforme.

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  6. c'è quel banksy...

    http://img217.imageshack.us/img217/8091/banskynp4.jpg

    e anche quel

    "Il mio aspetto ordinario gli trasmette ascolti deplorevoli"

    [sempre lo stesso anonimo]

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  7. massimorispetto

    è stato il primo argomento che ho trovato e letto. bel blog. lo seguirò. per il commento più tecnico mi rimetto a più tardi. sono entrato per i complimenti e per farti leggere il mio (ancora un po' pivello).

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