La Pixar è una fabbrica. Una fabbrica modernissima di perfetti giocattoli a molla cinematografici, che puntualmente si trasformano in vagonate di dollari. La storia del ratto-chef Remy ha già fatto incassare a quell'altra pantegana antropomorfa di Mickey Mouse più di 600 milioni di dollari, senza contare DVD e merchandising. Ratatouille è un film più risucito rispetto a Cars, che difettava principalmente della scarsa originalità della trama (essendo stata banalmente scopiazzata da un filmetto intitolato Doc Hollywood con Michael J. Fox). In Ratatouille la storia è bella, ricca e originale. Non ha bisogno di espedienti per reggersi e quando ci sono riferimenti e citazioni non si ha nessun dubbio di trovarsi difronte a veri omaggi (come quello a Louis De Funes). Tecnicamente parlando, la definizione degli oggetti, soprattutto nel caso degli ingredienti, delle pietanze e degli ambienti, raggiunge una maniacale perfezione. I gerani dell'ultima scena sembrano veri e la sequenza in cui Remy sale dalle fogne sino al tetto del palazzo è incredibile. D'altro canto i personaggi sono raffigurati come semplici caricature del loro carattere, in perfetto stile Disney anni '70. Il meglio del nuovo e il meglio del vecchio.
Devo dire la verità. Tutti questi lati positivi in un film realizzato da gente che ha sfornato capolavori come Monster & Co. e Alla ricerca di Nemo, in fondo in fondo me li aspettavo. Quello che però mi ha veramente stupito è stato il coraggio di prendere di petto una questione come quella della funzione della critica nel mondo della cultura, non solo culinaria, e di trattarla nell'unico modo che un artista può fare: attraverso una sua opera. Per mezzo dello stroncatore Anton Ego, che si redime e ritrova il senso dell'essere critico, quelli della Pixar invitano esplicitamente i recensori a ripensare il modo stesso di fare critica. Criticare è utile, stroncare a prescindere no. In Italia non ho letto una recensione che fosse una che citava questo aspetto del film. Certo da noi sarebbe più utile una considerazione di questo tipo: criticare è utile, leccare il culo a prescindere no. Ma neanche di questo si parla da noi. Due sono le ipotesi: uno, hanno la coda di paglia e nessuno vuol scagliare il sasso; due, non hanno neanche visto il film e hanno fatto la recensione in base ai comunicati dell'ufficio stampa. Metterei la mano sul fuoco sulla seconda ipotesi ma non scarto la prima, non si sa mai.
Devo dire la verità. Tutti questi lati positivi in un film realizzato da gente che ha sfornato capolavori come Monster & Co. e Alla ricerca di Nemo, in fondo in fondo me li aspettavo. Quello che però mi ha veramente stupito è stato il coraggio di prendere di petto una questione come quella della funzione della critica nel mondo della cultura, non solo culinaria, e di trattarla nell'unico modo che un artista può fare: attraverso una sua opera. Per mezzo dello stroncatore Anton Ego, che si redime e ritrova il senso dell'essere critico, quelli della Pixar invitano esplicitamente i recensori a ripensare il modo stesso di fare critica. Criticare è utile, stroncare a prescindere no. In Italia non ho letto una recensione che fosse una che citava questo aspetto del film. Certo da noi sarebbe più utile una considerazione di questo tipo: criticare è utile, leccare il culo a prescindere no. Ma neanche di questo si parla da noi. Due sono le ipotesi: uno, hanno la coda di paglia e nessuno vuol scagliare il sasso; due, non hanno neanche visto il film e hanno fatto la recensione in base ai comunicati dell'ufficio stampa. Metterei la mano sul fuoco sulla seconda ipotesi ma non scarto la prima, non si sa mai.
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